Il lavoro di animatore turistico non si può fare per tutta la vita. E’ la frase forse più usata in questo ambito, riferendosi al futuro che spetta ad una persona che organizza attività per il tempo libero nei luoghi di vacanza. Ed è così forte la convinzione che ad un certo punto bisognerà smettere e trovare un’altra occupazione, che proprio in questo settore si registra un elevatissimo turn over. Per molti è un lavoro estivo per impegnare la pausa tra un anno scolastico o accademico ed un altro, per altri è l’opportunità per staccare la spina in attesa di tempi o occasioni lavorative ritenute migliori. Per tanti ragazzi l’avventura nel mondo dell’animazione turistica, dunque, dura pochissimo – una stagione o al massimo due – per lasciare spazio alla carriera universitaria, proiettata verso quelli che si definiscono lavori stabili e – per molti – meglio retribuiti.
A volte la carriera di animatore turistico si interrompe bruscamente per motivi strettamente sentimentali: molto semplicemente si è passati dallo status di single a quello di fidanzato ufficiale e l’innamorata, temendo allontanamenti e tradimenti che tuttavia possono verificarsi in ogni ambito, per gelosia frena ogni intenzione di partire per i villaggi turistici. “No, quest’anno non parto perché mi sono fidanzato”, quante volte una società di animazione si è sentita rispondere da un valido elemento a pochi mesi dall’inizio della stagione! Ma non è solo colpa dei fidanzamenti: spesso sono le stesse famiglie ad invitare il proprio figlio a cercare qualcos’altro, non vedendo nel mestiere dell’animatore turistico uno sbocco professionale ideale.
Questioni sentimentali a parte, un giovane animatore turistico, tra stagione estiva e quella invernale, può riuscire a lavorare otto mesi su dodici, beneficiando magari di indennizzi di disoccupazione nei mesi in cui è a casa. Per quelli destinati in luoghi esotici al mare, il lavoro può durare anche tutto l’anno, ma il dover cambiare spesso destinazione o società di animazione può indurre all’idea di svolgere un lavoro precario senza prospettive future. Dopo i 30 anni c’è l’inghippo: “Quando potrò sposarmi, se potrò sposarmi? Quando metterò su famiglia? Quanto tempo ancora dovrò avere sempre le valige pronte ed andare in giro a movimentare le vacanze degli altri?”. Tutti questi interrogativi affollano la mente di chi non vede spiragli di luce oltre il piacevole tunnel dell’animazione turistica.
Allora quale futuro potrà delinearsi per un animatore turistico? Mi vengono in mente altri lavori che hanno qualche attinenza con quello del giullare del villaggio. Pensiamo agli sportivi, al calciatore per esempio, che sa che mediamente intorno ai 35 anni dovrà appendere gli scarpini al chiodo. Cosa faranno da grandi? Non potranno mica pensare di giocare a calcio tutta la vita? Molti restano nell’ambiente, intraprendendo la professione di allenatore, altri diventeranno dirigenti sportivi, altri ancora apriranno scuole di calcio oppure, con quanto guadagnato, investiranno in altre attività imprenditoriali. Ecco, per l’animatore turistico potrebbe succedere più o meno la stessa cosa. Si potrà diventare manager dei servizi turistici: le società di animazione hanno bisogno di personale qualificato per gestire le risorse umane, il prodotto, il rapporto con i committenti o le attività commerciali, mentre si potrebbe finire ai piani alti di tour operator e catene alberghiere o alla direzione di una struttura ricettiva. Per non parlare di quanti, muniti di talento artistico, si fiondano nel mondo dello spettacolo, tra teatro e tv, cercando di calcare le orme di Fiorello ed altri come lui che hanno cominciato in calzoncini e t-shirt ad animare i villaggi turistici. E poi c’è chi si mette in proprio. La maggior parte, per non dire quasi tutte, delle agenzie di animazione sono state fondate da ex animatori turistici, che da dipendenti sono passati ad essere imprenditori e datori di lavoro. E tutti hanno avuto modo di realizzare il sogno di essere marito, moglie, papà o mamma.
Antonio Longobardi
Ex Capo Villaggio